Con la crisi e l’instabilità occupazionale, lavorare alle dipendenze con contratto di lavoro a tempo determinato o indeterminato è sempre più un miraggio soprattutto per i giovani che intraprendono una carriera professionale.
Il 90% degli annunci di lavoro che si leggono sono quasi sempre a collaborazione e si richiede l’apertura della Partita Iva.
Un giovane alle prime armi e fresco di laurea e/o diploma si sente spesso “spaesato” e non sa valutare se l’apertura della Partita Iva gli possa convenire dal punto di vista economico o sia solo un mero onere economico.
In un contesto economico come quello attuale, caratterizzato dalla difficoltà di trovare un posto fisso con busta paga mensile, ci si chiede se effettivamente convenga aprire la Partita Iva.
Si può già anticipare che dal 1° gennaio 2016 l’unica Partita IVA interessante dal punto di vista economico è il cosiddetto regime forfettario. Per i casi in cui il fatturato previsto sia molto elevato occorre aprire una partita IVA con regime ordinario.
Vediamo, dunque, in questa guida come aprire la Partita Iva, quali sono i soggetti interessati e quanto costa.
Partita Iva: chi può aprirla
Indice degli argomenti:
Prima di procedere con l’apertura della Partita Iva, occorre valutare attentamente la convenienza rivolgendosi ad un Dottore Commercialista di propria fiducia.
In linea di massima, tutti i soggetti persone fisiche e giuridiche, titolari di società e professionisti autonomi possono aprire la Partita Iva.
Come procedere con l’apertura della Partita Iva
La Partita Iva si compone di 11 numeri: i primi 7 numeri vanno a indicare il contribuente, mentre i seguenti 3 identificano il Codice dell’Ufficio delle Entrate e l’ultimo assolve ad una funzione di controllo.
Per aprire la Partita Iva è necessario compilare il modello di inizio attività e comunicarlo all’Agenzia delle Entrate: le imprese individuali e i lavoratori autonomi devono utilizzare il modello AA9/12 mentre i soggetti diversi dalle persone fisiche devono utilizzare il modello AA7/10.
La presentazione dei modelli può avvenire attraverso i seguenti modi:
1) recandosi presso l’Ufficio dell’Agenzia delle Entrate con apposito documento di riconoscimento;
2) invio con lettera raccomandata con ricevuta di ritorno, con allegata la fotocopia del documento di riconoscimento;
3) invio per via telematica, tramite il software scaricabile dal sito dell’Agenzia delle Entrate.
Quando si apre una Partita IVA, si deve procedere con la scelta del codice ATECO che si riferisce alla specifica attività e in questo articolo elenchiamo tutti i codici ateco aggiornati 2018
Inoltre, si dovrà optare per il tipo di regime contabile tra regime forfettario o contabilità ordinaria.
Una volta inviata la dichiarazione firmata, viene assegnato il numero di Partita IVA, che rimarrà sempre lo stesso fino al termine dell’attività. Ultimo step è l’INPS, dove recarsi per aprire la propria posizione previdenziale.
Per chi deve registrare una ditta individuale, occorre iscrivere l’impresa al Registro delle Imprese alla Camera di Commercio e comunicare al Comune l’avvio della propria attività.
Si ricorda che dal 1° aprile 2010 i contribuenti tenuti all’iscrizione nel Registro delle imprese devono avvalersi della Comunicazione Unica, anche nel caso in cui la dichiarazione anagrafica ai fini Iva sia l’unico adempimento da svolgere.
La Comunicazione Unica, composta da un frontespizio e dalle diverse modulistiche prima presentate separatamente alle diverse Amministrazioni, permette di compilare il modello AA7/10 e inviare il tutto in via telematica o su supporto informatico al Registro delle imprese – www.registroimprese.it.
Quali sono i costi di una partita IVA?
Aprire una partita IVA ha dei costi piuttosto esigui ma, si deve tenere in debita considerazione il fatto che ci sono costi di mantenimento che possono esser anche sostanziosi.
Per chi ha optato per il regime di Contabilità ordinaria, deve fatturare in maniera sostanziosa per affrontare le spese di gestione.
Per chi deve procedere con l’iscrizione della ditta alla Camera di Commercio, si dovrà pagare una quota di 80-100 euro l’anno, acui aggiungere il costo della consulenza del Dottore Commercialista (circa 1.500 euro l’anno) e i contributi INPS. Inoltre, si deve tenere conto del pagamento delle imposte Irpef e Irap, computate sul reddito e sul valore aggiunto prodotto.
Per chi opta per il regime forfettario, la tassazione agevolata del 5% vale per i primi 5 anni e del 15% dal sesto anno in poi, mentre i contributi INPS gravano per il 27% sul reddito.
Aprire una partita IVA ha i suoi vantaggi ma vi sono anche degli oneri di mantenimento: prima di procedere con l’apertura, occorre fare due calcoli tenendo debitamente conto del guadagno annuale.
Se si è freelance e gli nostri introiti superano i 5.000 euro annui, è consigliabile aprire una partita IVA per regolarizzare la propria posizione fiscale. Sotto i 5.000 euro è meglio valutare attentamente dato che le spese di gestione potrebbero gravare pesantemente sui guadagni.
Procacciatore (informatore scientifico) alle prime armi (laurea in medicina e chirurgia), con contratto a tempo determinato (ancora studio). Richiesta p.IVA. Consigliato regime forfettario, e non in grado di valutare un volume d’affari sul territorio. Rimborso spese mensile di circa 400,00 Euro. Freelance. Qualche consiglio?
Ciao Michele, non posso che consigliarti anche io il regime forfettario, in pratica dovresti aprire la partita iva con il Codice ATECO 46.18.31 – Agenti e rappresentanti di prodotti farmaceutici, prodotti di erboristeria per uso medico. Avresti una forfettizzazione dei ricavi al 62% e un fatturato massimo possibile di euro 25.000. Inoltre dovresti iscriverti all’INPS sezione commercio, e puoi richiedere la riduzione del 35% dei contributi.