Interpello fiscale: Scissione finalizzata alla cessione di partecipazioni nella società

Agenzia delle Entrate con Interpello fiscale è stato esposto un quesito in materia di Scissione finalizzata alla cessione di partecipazioni nella società scissa da parte dei soci anche persone fisiche.

Il quesito posto dalla società X S.p.A. aveva come oggetto da parte del soggetto scrivente dubbi in sull’eventuale abusività – ai sensi dell’art. 10 bis della legge 27 luglio 2000, n. 212 (Statuto dei Diritti del Contribuente) – con riguardo ai comparti dell’Ires e dell’imposta di registro, dell’operazione seguente.

Per prima cosa, la società scrivente svolge l’attività sanitaria dapprima nell’ambito della medicina fisica e della riabilitazione, nonché della radiologia e della diagnostica per immagini e, successivamente, anche in convenzione con il Servizio Sanitario Nazionale (S.S.N.).

Inoltre, la stessa Società, con decreto della Giunta Regionale, ha conseguito l’accreditamento definitivo presso il Servizio Sanitario Regionale per diverse branche medicospecialistiche, e ha ampliato l’offerta sanitaria con l’inclusione di ulteriori prestazioni rese in regime esclusivamente privatistico.

La Società premette di possedere un compendio immobiliare, in parte, utilizzato dalla stessa e, in parte, locato a terzi e la compagine sociale è composta da tre soci-persone fisiche, titolari ciascuno di partecipazioni al capitale sociale pari al 35% (partecipazioni qualificate possedute in regime non imprenditoriale) e da una società per azioni (il cui capitale è sostanzialmente ripartito tra le medesime persone fisiche) che detiene azioni per il 30%  del capitale sociale.

Quesito posto dalla Società scrivente

Indice degli argomenti:

Tenendo conto delle premesse sopra esposte, la Società intende realizzare un’operazione di scissione parziale proporzionale in favore di una società a responsabilità limitata da costituire ex novo, che ha per oggetto l’esercizio di attività di gestione di beni immobili rustici ed urbani, civili ed industriali.

Alla società beneficiaria, che avrà la stessa compagine sociale della società scindenda, nelle stesse proporzioni – sarà assegnato il compendio immobiliare di proprietà di quest’ultima.  Alla scissione, farà seguito la cessione delle partecipazioni detenute nella scindenda, da parte dei relativi soci, alla società Y S.p.A..

I soci dell’interpellante intendono perfezionare un’operazione di riorganizzazione volta a creare due distinte società, con la medesima compagine sociale, delle quali, una dedicata alla gestione del poliambulatorio, e l’altra alla gestione del compendio immobiliare.  Inoltre, è stato precisato che i soci-persone fisiche della società scindenda intendono rivalutare il costo fiscale delle partecipazioni detenute, versando l’imposta sostitutiva dell’8%.

Parere dell’Agenzia delle Entrate: Risoluzione 97/E

Con Risoluzione 97/E, Agenzia delle Entrate ha fornito in proprio parere in merito al quesito posto dall’interpellante e scrive riepilogando “la società istante chiede un parere sull’eventuale abusività ai sensi dell’articolo 10-bis della legge 27 luglio 2000, n. 212, delle rappresentate operazioni di scissione parziale proporzionale a favore di una beneficiaria neocostituita (assegnataria del solo ramo immobiliare) e di successiva cessione di tutte le partecipazioni della scissa, rimasta titolare, all’esito della scissione, del solo ramo operativo, da parte dei relativi soci (due persone fisiche non imprenditori – titolari entrambi di una partecipazione c.d. qualificata ai sensi dell’articolo 67 del TUIR – e una società di capitali (società per azioni) il cui capitale sociale è ripartito sostanzialmente tra le stesse persone fisiche)”.

Secondo quanto disposto del comma 1 dell’articolo 10-bis della legge n. 212 del 2000, e successive modificazioni, recante la “Disciplina dell’abuso del diritto o elusione fiscale“, affinché un’operazione possa essere considerata abusiva, l’Amministrazione tributaria deve identificare e provare il verificarsi di tre presupposti costitutivi:

  1. a) la realizzazione di un vantaggio fiscale “indebito”, costituito da “benefici, anche non immediati, realizzati in contrasto con le finalità delle norme fiscali o con i principi dell’ordinamento tributario”;
  2. b) l’assenza di “sostanza economica” dell’operazione o delle operazioni poste in essere consistenti in “fatti, atti e contratti, anche tra loro collegati, inidonei a produrre effetti significativi diversi dai vantaggi fiscali”;
  3. c) l’essenzialità del conseguimento di un “vantaggio fiscale”.

L’assenza di uno dei tre presupposti costitutivi dell’abuso determina un giudizio di assenza di abusività.  Attraverso il successivo comma 3, il legislatore ha chiarito espressamente che non possono comunque considerarsi abusive quelle operazioni che, pur presentando i tre elementi sopra indicati, sono giustificate da valide ragioni extrafiscali non marginali (anche di ordine organizzativo o gestionale).

Per richiedere il parere dell’Agenzia delle Entrate in ordine all’abusività di una determinata operazione, le istanze di interpello, (cifrare Circolare n. 9/E del 1° aprile 2016), debbono indicare: il settore impositivo rispetto al quale l’operazione pone il dubbio applicativo; le puntuali norme di riferimento.

In via generale, Agenzia delle Entrate nel fornire il parere alla società interpellante, la circolazione di un’azienda di cui è titolare un ente societario può avvenire attraverso:

  • una cessione c.d. diretta;
  • una cessione c.d. indiretta.

Nel caso di cessione diretta, la società titolare dell’azienda la aliena direttamente all’acquirente conseguendo, a seconda dei casi, una plusvalenza imponibile ovvero una minusvalenza deducibile, ai sensi degli articoli 86, comma 2, e 101, comma 1, del TUIR.  L’acquirente si vede così riconosciuti gli eventuali maggiori (o minori) valori fiscali dei beni e dell’eventuale avviamento relativi all’azienda ceduta, emergenti dalla cessione. Gli eventuali utili conseguiti dalla società cedente, per effetto della cessione, possono essere distribuiti ai soci con l’applicazione della tassazione loro propria.

Nel caso di cessione indiretta, i soci della società titolare dell’azienda possono cedere a soggetti terzi le partecipazioni detenute in detta società, realizzando così una minus/plusvalenza per il socio-imprenditore/società e, per il socio-persona fisica non imprenditore.

Diversamente dalla cessione di azienda, tale modalità indiretta di cessione non determina il riconoscimento degli eventuali maggiori (o minori) valori fiscali dei beni contenuti nella partecipata oggetto di cessione.

Questi due diversi regimi fiscali, limitatamente alla circolazione dell’azienda, risultano alternativi in quanto, sebbene comportino criteri di imputazione del reddito imponibile, valori fiscali e carichi fiscali differenti, essi costituiscono alternative diverse, tutte poste sullo stesso piano e aventi, quindi, pari dignità fiscale, rimesse ai contribuenti per dare concreta attuazione ai loro interessi economici e, pertanto, il vantaggio fiscale così ottenuto non può qualificarsi di per sé come indebito.

In conclusione, per l’Agenzia delle Entrate non si rinviene l’esistenza di un “indebito vantaggio fiscale” riconducibile alle fattispecie di abuso del diritto ai sensi dell’articolo 10 bis della legge n. 212 del 2000, in una scissione parziale proporzionale – come quella rappresentata nell’istanza – tesa alla creazione di una o più società destinate ad accogliere i rami operativi dell’azienda da far circolare, successivamente, sotto forma di partecipazioni da parte dei soci-persone fisiche dato che  il legislatore consente diverse strade, tutte poste sullo stesso piano e aventi, quindi, pari dignità fiscale.


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