Dopo le vicende che hanno visto coinvolto il Tar del Lazio, il quale dovrà fissare l’udienza per valutare le questioni sollevate da Airbnb Ireland Unlimited Company e Airbnb Payments Uk Limited in merito alla c.d tassa sugli affitti brevi, si discute se la stessa sia dovuta oppure no.
Con l’introduzione della cd. Tassa Airbnb, il governo Gentiloni ha previsto l’obbligo per gli intermediari immobiliari che gestiscono le locazioni brevi di appartamenti, case di villeggiatura (anche mediante utilizzo di piattaforme online) di applicare una cedolare secca con aliquota pari al 21% sul canone di locazione.
L’agente immobiliare, in qualità di sostituto d’imposta, una volta ricevuto il pagamento è tenuto a riversare la cedolare del 21% alle casse dell’Amministrazione fiscale e a rilasciare la CU al proprietario del bene immobile dato in affitto.
Vediamo in questa guida che cos’è la tassa Airbnb sulle Locazioni brevi 2018, se è dovuta oppure no e come funziona la cedola secca al 21%.
Tassa Airbnb 2018: che cos’è?
Indice degli argomenti:
La Tassa Airbnb 2018 è la tassa applicata sugli affitti brevi introdotta dal Governo Gentiloni: la sua introduzione ha messo sul “piede di guerra” i proprietari degli immobili utilizzati come case vacanza da affittare mediante Locazione Breve.
Infatti, con l’introduzione della Tassa Airbnb 2018 i proprietari delle case villeggiatura saranno soggetti a controlli rigidissimi da parte del Fisco italiano.
Non solo, i portali online di intermediazione immobiliare e gli stessi Agenti o Broker immobiliari avranno l’obbligo di fare versare le tasse alle casse dell’Erario italiano dato che fungeranno da sostituti di imposta.
Tutte queste novità derivanti dall’introduzione e dall’applicazione della Tassa Airbnb 2018 avrà come obiettivo prioritario quello di combattere definitivamente l’evasione fiscale sulle locazioni brevi.
Sarà la valida occasione per dire una volta per tutte basta al fenomeno “truffaldino” che per anni ha caratterizzato il settore degli affitti delle case vacanza.
La tassa Airbnb 2018 prevede controlli serrati e nuove regole affinchè tutti i proprietari paghino la cedolare secca sui canoni di locazione la cui durata è inferiore ai 30 giorni, dato che non vi è previsto l’obbligo di registrazione del contratto di affitto breve all’Agenzia delle Entrate.
Dunque, le società che gestiscono portali web come Airbnb e le agenzie immobiliari sono obbligati a comunicare all’Amministrazione fiscale i contratti di affitto breve stipulati tramite loro.
In qualità di sostituti d’imposta gli Agenti e i Broker immobiliari, compresi i portali web dovranno operare sui canoni pagati dall’inquilino un’aliquota pari al 21% sul canone di locazione oltre a rilasciare la Certificazione Unica.
Cedolare Secca: che cos’è
La cedolare secca sulle Locazioni Brevi 2018 è un’imposta che sostituisce sotto l’applicazione di un’unica aliquota l’imposta di bollo, l’Irpef sull’immobile, l’imposta di registro e le addizionali comunali e regionali Irpef.
Sono due le aliquote cedolare secca pari al:
- 10% per il canone concordato;
- 21% per le locazioni in regime di libero mercato e gli affitti brevi della casa vacanza.
Mediante il Modello F24 con relativo codice tributo è possibile pagare l’aliquota cedolare secca che deve essere versato:
- entro il 30 giugno un acconto pari al 95%
- entro il 30 giugno dell’anno successivo o il 16 maggio con maggiorazione dello 0,40% il saldo.
Buongiorno,
grazie per la delucidazione.
Non mi è ancora chiaro: AirBnB funge già ora da sostituto d’imposta, o rimane in attesa della sentenza del TAR Lazio?
Ringrazio.