Definizione agevolata delle liti pendenti: scadenza e chiarimenti della Circolare 23/E Agenzia delle Entrate

A pochi giorni dalla scadenza fissata in data 2 ottobre 2017 è stata pubblicata dall’Agenzia delle Entrate la Circolare 23/E ha fornito ulteriori interessanti chiarimenti agli ultimi quesiti sulla definizione agevolata delle controversie tributarie pendenti.

Si tratta di un’opportunità interessante offerta ai contribuenti che scelgono di presentare domanda di definizione e di versare, al netto di sanzioni e interessi di mora, gli importi contenuti nell’atto impugnato entro il prossimo 2 ottobre 2017.

Definizione agevolata delle liti pendenti: chiarimenti sulla definibilità della controversia

Indice degli argomenti:

La Circolare 23/E completa il quadro delineato già con la Circolare 22/E della circolare n. 22/E del 2017 la quale sancisce che “per identificare le liti “in cui è parte l’Agenzia delle entrate”, si ritiene che occorra fare riferimento alla nozione di parte in senso formale e, quindi, alle sole ipotesi in cui l’Agenzia delle entrate sia stata evocata in giudizio o, comunque, sia intervenuta”.

Dal dettato normativo così formulato, si ritiene che non sono definibili le liti nelle quali l’Amministrazione fiscale, pur essendo titolare del rapporto giuridico sostanziale dedotto in giudizio, non sia stata destinataria dell’atto di impugnazione e non sia stata successivamente chiamata in giudizio né sia intervenuta volontariamente. Infatti, la Circolare 23/E sancisce chiaramente che “sono escluse dalla definizione le controversie nelle quali è parte unicamente l’agente della riscossione, ancorché inerenti ai tributi amministrati dall’Agenzia delle entrate.”

Per la definibilità della controversia occorre anche che l’oggetto del contendere riguardi la legittimità del credito affidato all’agente della riscossione.

Non è definibile la controversia in cui il contribuente contesti un atto dell’agente della riscossione senza chiedere l’annullamento del credito (ad esempio, qualora contesti solo la legittimità di una misura cautelare adottata dall’agente della riscossione, senza contestare quanto dovuto all’Agenzia delle entrate).

In definitiva, gli importi che rilevano per la definizione agevolata sono quelli iscritti a ruolo, anche qualora il ricorrente abbia asserito di non aver ricevuto valida notifica (avviso di accertamento). L’atto impugnato da considerare resta pur sempre l’iscrizione a ruolo.

Ai fini della definizione non sono dovuti gli importi di spettanza dell’agente della riscossione (aggi, rimborsi spese): l’articolo 11 del DL n. 50 del 2017 prevede che “al versamento degli importi dovuti per la definizione si applicano le disposizioni dell’articolo 8 del decreto legislativo 19 giugno 1997, n. 218”.

Il richiamo a tale norma, che prevede il versamento delle somme dovute a mezzo del Modello F24, esclude che oggetto di versamento possano essere anche importi di spettanza dell’agente della riscossione.

Presentazione delle istanze e versamenti a titolo provvisorio

L’Agenzia delle Entrate con la Circolare 23/E ha specificato che, a seguito di fallimento del contribuente, l’istanza di definizione agevolata delle controversie pendenti può essere legittimamente presentata dal curatore e, in caso d’inerzia di quest’ultimo, dal fallito.

Le somme eventualmente versate a titolo provvisorio da parte dei coobbligati che non aderiscono alla definizione agevolata non possono essere scomputate dall’importo lordo dovuto per la definizione.

Come compilare l’F24?

La suddetta Circolare contiene alcuni pratici spunti per aiutare i contribuenti nella compilazione del modello di versamento F24. In particolare, il Fisco chiarisce come va correttamente suddiviso, tra i vari codici tributo istituiti dalla risoluzione n. 108/E del 2017, l’importo netto da versare per la definizione agevolata della lite.

Nel modello di pagamento l’importo netto deve essere ripartito voce per voce, nella stessa proporzione percentuale degli importi contenuti nell’atto impugnato.

Ad esempio, se l’importo lordo dovuto per Irpef e relativi interessi è pari all’89,82% del totale indicato nell’atto impugnato, al codice tributo 8122 (Altri tributi erariali e interessi) deve essere imputato l’89,82% dell’importo netto dovuto.




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