Autotutela tributaria: che cos’è

Il potere di autotutela (ius poenitendi) è, nel diritto amministrativo, garantito a ogni Ente pubblico o ad ogni altro organo stabilito dalla legge, in ordine alla possibilità di risolvere autonomamente un conflitto di interessi attuale o potenziale con i destinatari dei provvedimenti, nell’ambito di tutela dell’interesse pubblico. In questa guida cerchiamo di capire che cos’è, come si distingue e che rilevanza ha nell’ambito tributario.


Come viene distinta l’autotela?

Indice degli argomenti:

Viene solitamente distinta in:
1) autotutela decisoria o provvedimentale, con la quale l’amministrazione può intervenire con un atto di secondo grado sui provvedimenti adottati in precedenza;
2) autotutela esecutiva, con la quale l’amministrazione dà effettiva attuazione a provvedimenti già emanati.
Ad esempio si parla di autotutela quando un Ente ha la capacità ed il potere di revoca, sospensione, proroga, rimozione degli “effetti dell’atto“, di annullamento o convalida dell’atto e dei suoi effetti ex tunc, o ancora di riforma, sanatoria, ratifica e rinnovazione dell’atto e dei suoi effetti ex nunc.

Autotutela tributaria: che cos’è

L’autotutela nel settore tributario è il potere che ha l’Amministrazione finanziaria (Agenzia delle Entrate, Equitalia, etc.) di intervenire quando la stessa Amministrazione si rende conto di aver commesso un errore lesivo dei diritti del destinatario; in sostanza, quando l’ente tributario rileva che in un atto da essa emanato è presente un vizio, per il quale l’atto non doveva essere emanato o doveva assumere un contenuto diverso. All’Amministrazione tributaria è data la possibilità non solo di emendarlo ma anche di ritirarlo, evitando in tal modo di danneggiare ingiustamente il contribuente-contribuente nei cui confronti è stato emesso.

Il potere di autotutela nell’amministrazione fiscale

Il potere di autotutela spetta all’amministrazione fiscale che ha emanato l’atto illegittimo o che è competente per gli accertamenti d’ufficio; può essere esercitato d’ufficio o su istanza del cittadino-contribuente, prima e dopo che l’atto sia divenuto definitivo. Il fondamento normativo dell’autotutela tributaria, oltre che il principio di legalità, prevede che l’autotutela fiscale possa esplicarsi per varie valide ragioni. L’annullamento può avvenire per vizi formali e/o sostanziali.
Se l’Amministrazione prende atto di aver commesso un errore può annullare il proprio operato e correggere l’errore senza necessità di attendere la decisione di un giudice: questo potere di autocorrezione si chiama “autotutela”. La competenza ad effettuare la correzione è generalmente dello stesso Ufficio tributario che ha emanato l’atto.

Annullamento dell’atto illegittimo

Un atto illegittimo può essere annullato “d’ufficio”, in via del tutto autonoma, oppure su richiesta del contribuente, il quale può trasmettere all’ufficio competente una semplice domanda in carta libera contenente un’esposizione sintetica dei fatti e corredata dalla documentazione idonea a dimostrare le tesi sostenute.

Nella domanda occorre riportare:
a) l’atto di cui si chiede l’annullamento;
b) i motivi che fanno ritenere tale atto illegittimo e, di conseguenza, annullabile in tutto o in parte.
I casi più frequenti di autotutela si hanno quando l’illegittimità deriva da:
errore di persona;
evidente errore logico o di calcolo;
errore sul presupposto dell’imposta;
doppia imposizione;
mancata considerazione di pagamenti regolarmente eseguiti;
mancanza di documentazione successivamente presentata (non oltre i termini di decadenza);
sussistenza dei requisiti per fruire di deduzioni, detrazioni o regimi agevolativi, precedentemente negati;
errore materiale del contribuente, facilmente riconoscibile dall’Amministrazione.
L’annullamento dell’atto illegittimo può essere effettuato anche se:
il giudizio è ancora pendente;
l’atto è divenuto ormai definitivo per decorso dei termini per ricorrere;
il contribuente ha presentato ricorso e questo è stato respinto per motivi formali (inammissibilità, improcedibilità, irricevibilità) con sentenza passata in giudicato.
L’annullamento dell’atto illegittimo comporta automaticamente l’annullamento degli atti ad esso consequenziali e l’obbligo di restituzione delle somme riscosse sulla base degli atti annullati.




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