Nella moderna società vivace e complessa i rischi sono dietro la porta: innumerevoli comportamenti, attività, situazioni che corrispondono necessità o a scelte vantaggiose per qualcuno sono e si rivelano nocive per altri soggetti.
La sensibilità moderna poi estende continuamente la gamma degli interessi che riteniamo di dover proteggere e per le cui lesioni chiediamo riparazione: gli interessi economici si diversificano e si moltiplicano sempre di più nella moderna società dei traffici e della ricchezza materiale, basti pensare al credito, all’avviamento, all’informazione, all’immagine economica; e al di là del campo patrimoniale, si espande la gamma degli interessi vitali della persona che reclamano tutela e riparazione: non solo la vita e la salute materiale ma il benessere psichico, l’intimità e la reputazione sono beni oggetto di tutela. Per venire al nocciolo dell’articolo che oggi proponiamo, si deve dire che, dinanzi ad un danno concreto che ci può capitare di subire, le domande a cui si deve rispondere sono le seguenti:
- Qualcuno deve pagare o il danno resta a carico di chi lo subisce? Un motorino mi investe e perdo due falangi del mignolo, di professione sono pianista e mi sono rovinato la carriera. Mi viene riconosciuto il danno da perdita della capacità di lavoro specifica: il Codice civile parla chiaro in merito, si parla di danno risarcibile.
- Se qualcuno deve pagare, chi è costui ed in base a quali criteri? Se il danno va trasferito dal soggetto danneggiato ad altri soggetti, occorre stabilire con quali criteri si individua il soggetto a cui accollare il risarcimento.
- Quanto dovrà essere pagato? Questa domanda porta a definire ed individuare un criterio che delimiti le conseguenze trasferibili a carico di un soggetto responsabile, il problema della causalità e il secondo problema riguarda quello della valutazione del danno subito traducendolo in una quantità monetaria (valutazione del danno).
Il perno del discorso è la funzione e la disciplina della responsabilità civile ovvero dell’obbligo del risarcimento. Il risarcimento del danno ha sempre un’evidente funzione riparatoria, che lo distingue dalla pena.
La disciplina giuridica a cui si deve fare appello è quella contenuta all’articolo 2043 del Codice civile: “Qualunque fatto doloso o colposo, che cagiona ad altri un danno ingiusto, obbliga colui che ha commesso il fatto a risarcire il danno”. Secondo la norma è risarcibile il danno che sia ingiusto, legato al fatto commesso da un nesso di causalità. La responsabilità del danno è accollata a chi “ha commesso il fatto” con dolo (consapevolezza e volontà) o con colpa (negligenza), a condizione che fosse capace di intendere e di volere (imputabilità, articolo 2046 Codice civile). Si ricavano all’articolo 2043 del Codice civile i tradizionali e fondamentali elementi dell’illecito quali:
- Elementi oggettivi che riguardano il fatto e le conseguenze sono il danno ingiusto ed il nesso di causalità tra danno prodotto e fatto,
- Elementi soggettivi che concernono il soggetto responsabile sono la colpevolezza e l’imputabilità.
Il principio per cui si risponde dei danni arrecati dal proprio comportamento doloso o colposo non è l’unico criterio di attribuzione della responsabilità civile. Il nostro codice civile conosce altri criteri di imputazione della responsabilità che sono in parte di origini antiche, in parte legati alle esigenze della società industriale. Per esempio, si collega la responsabilità per i danni provocati dai minori o interdetti alla potestà (articolo 2048 cod. civ.), si fanno sostenere i rischi di un’attività a chi ne trae vantaggio (art. 2049 e 2050 cod. civ.), si accollano alla proprietà i danni derivanti dalle cose (art. 2052, 2053, 2054 cod. civ.). Tutte queste norme rendono in varia misura irrilevante la colpa e realizzano una responsabilità oggettiva.
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