Una patologia costante del mondo del lavoro, con la crisi occupazionale e la flessibilità dei contratti di lavoro, il precariato è divenuto un fenomeno sempre più presente all’interno del panorama italiano. Con la nozione di precario indichiamo un rapporto lavorativo temporaneo con mancanza di continuità e di certezza sul futuro professionale e lavorativo del soggetto assunto. Le conseguenze di chi vive in questa perenne condizione lavorativa sono inevitabili e drammatiche, riflettendosi sulla mancanza di reddito e di flussi di liquidità certi e futuri in grado di inibire una pianificazione ad hoc della propria vita quotidiana e futura, comprese le scelte di risparmio e di investimento.
Conseguenze che si riflettono anche sulle condizioni sociali e non solo più squisitamente di carattere economico: Il precario medio, secondo le cifre del sindacato, è infatti single più per necessità che per scelta. In quanto slegato da legami familiari, il precario, uomo o donna che sia, è infatti più appetibile per il mercato del lavoro, in quanto ha meno vincoli e non ha praticamente tutele di alcun tipo. È dunque di fatto il lavoratore più ricattabile, sfruttabile e facilmente licenziabile. Le donne precarie sono discriminate dalle imprese sia in quanto precarie sia in quanto donne (a molte donne vengono illegalmente chieste al momento dell’assunzione, anche a tempo indeterminato, analisi che dimostrino che non sono incinte) per il “costo” della maternità, che è però un diritto sancito dallo statuto dei lavoratori. Il precariato investe una grande varietà di settori, dall’agricoltura all’industria e artigianato, al settore dei servizi e del commercio, passando anche per la pubblica amministrazione, attraverso uno spettro molto vario di fasce sociali.
L’istituto di Previdenza INPS ha pubblicato il report sull’osservatorio del precariato nella nostra penisola italiana nei primi undici mesi dell’anno 2016, appena concluso. Secondo quanto si rileva dal report: nel settore privato, si è registrato un saldo, tra assunzioni e cessazioni, pari a +567.000 inferiore a quello del corrispondente periodo del 2015 (+688.000) e superiore a quello registrato nei primi undici mesi del 2014 (+313.000). Su base annua, il saldo consente di misurare la variazione tendenziale delle posizioni di lavoro. Il saldo annualizzato (vale a dire la differenza tra assunzioni e cessazioni negli ultimi dodici mesi) a novembre 2016 risulta positivo e pari a +506.000, compresi i rapporti stagionali. Il risultato positivo è imputabile prevalentemente al trend di crescita netta registrato dai contratti a tempo indeterminato, il cui saldo annualizzato, pari a +339.000, è ancora debitore dell’intensa dinamica di crescita registrata a fine 2015; nel corso del 2016, inoltre, i contratti a tempo determinato hanno significativamente recuperato la contrazione registrata sul finire del 2015 a causa dell’alta quota di trasformazioni in contratti a tempo indeterminato: il loro saldo annualizzato risulta infatti pari a +146.000 (inclusi i contratti stagionali). Complessivamente le assunzioni, sempre riferite ai soli datori di lavoro privati, nel periodo gennaio-novembre 2016 sono risultate 5.323.000, con una riduzione di 320.000 unità rispetto al corrispondente periodo del 2015 (-5,7%). Nel complesso delle assunzioni sono comprese anche le assunzioni stagionali (510.000).
Il rallentamento delle assunzioni ha riguardato principalmente i contratti a tempo indeterminato: –547.000, pari a –32,3% rispetto ai primi undici mesi del 2015. Anche questo calo va considerato in relazione al forte incremento delle assunzioni a tempo indeterminato registrato nel 2015, anno in cui dette assunzioni potevano beneficiare dell’abbattimento integrale dei contributi previdenziali a carico del datore di lavoro per un periodo di tre anni. Analoghe considerazioni possono essere sviluppate per la contrazione del flusso di trasformazioni a tempo indeterminato (-34,8%).
Per i contratti a tempo determinato, nei primi undici mesi del 2016, si sono registrate 3.451.000 assunzioni, in aumento sia sul 2015 (+6,7%), sia sul 2014 (+9,9%).
Per i contratti in apprendistato si conferma il trend di crescita già rilevato anche negli aggiornamenti dei mesi precedenti. In particolare, rispetto all’analogo periodo del 2015, le assunzioni in apprendistato aumentano di 47.000 unità (+27,5%).
I contratti stagionali registrano una riduzione del 6,6%.
In relazione all’analogo periodo del 2015, le cessazioni nel complesso, comprensive anche dei rapporti di lavoro stagionale, risultano diminuite del 4,0%. La riduzione è più consistente per i contratti a tempo indeterminato (-7,0%) che per quelli a tempo determinato (-1,0%). Analizzando le cessazioni per tipologia, i licenziamenti complessivi relativi a rapporti di lavoro a tempo indeterminato, pari a 562.000, risultano in modesto aumento rispetto al 2015 (540.000) e in leggero calo rispetto al 2014 (570.000). Sul trend degli ultimi mesi ha inciso l’introduzione dell’obbligo delle dimissioni on line. Il tasso di licenziamento (calcolato rispetto all’occupazione esposta al rischio ad inizio anno) per i primi undici mesi del 2016 (5,2%) risulta inferiore rispetto a quello corrispondente del 2015 (5,3%). Nei primi undici mesi del 2016 le cessazioni dei rapporti di lavoro a tempo indeterminato per dimissioni sono state pari a 722.000 (-13,6% rispetto al 2015).
Con la legge di stabilità 2016 è stata introdotta una nuova forma di incentivo rivolta alle assunzioni a tempo indeterminato e alle trasformazioni di rapporti a termine di lavoratori che, nei sei mesi precedenti, non hanno avuto rapporti di lavoro a tempo indeterminato. La misura dell’agevolazione prevede l’abbattimento dei contributi previdenziali a carico del datore di lavoro (esclusi i premi INAIL) in misura pari al 40% (entro il limite annuo di 3.250 euro) per un biennio dalla data di assunzione. Nei primi undici mesi del 2016 le assunzioni con esonero contributivo biennale sono state pari a 358.000, le trasformazioni di rapporti a termine che beneficiano del medesimo incentivo ammontano a 134.000, per un totale di 492.000 rapporti di lavoro agevolati. I rapporti di lavoro agevolati rappresentano il 34,4% del totale delle assunzioni/trasformazioni a tempo indeterminato. Nel 2015, l’incidenza delle assunzioni e trasformazioni agevolate (con abbattimento totale dei contributi a carico del datore di lavoro per un triennio), sul totale delle assunzioni/ trasformazioni a tempo indeterminato, era stata pari al 60,8%.